Chi ha rubato i gioielli della corona? L’indignazione corre sui giornali e per le strade.
Il potere ha perso i suoi ornamenti e in modo fin troppo spettacolare. Si sa, i Re nudi non durano molto a lungo… Chi seguirebbe un comandante che si fa sfilare sotto il naso le proprie insegne?
Ogni Re deve avere almeno una corona, e questa sarà sicuramente dorata. Il numero delle pietre incastonate ci saprà dire immediatamente quanto regale sia il suo lignaggio, quanto potente la sua casata e quindi quanto è legittima la sua pretesa di dominio.
Senza paramenti un re è decaduto, spauracchio e monito per tutti gli aspiranti sovrani: solo chi possiede le effigi del potere, potrà vantare il diritto ad essere sovrano quindi solo il possesso giustifica il comando.
Un gioiello non ha altra funzione che vantare il possesso di una cosa inutile, distinguere chi lo porta, esibire uno status, cesellare nel metallo un privilegio su misura e renderlo manifesto. Perfetto per decorare l’invenzione umana successiva e complementare a quella di Proprietà, l’Autorità che ne deve garantire la tutela.
Come scegliere chi comanda e, una volta scelto, come distinguerlo dai comandati? Semplice: se la ricchezza è il metro di giudizio del successo, ostentarla, in vita e dopo la morte, renderà a tutti chiara ed evidente la propria predestinazione alla guida. Così di ostentazione in ostentazione, tramandati gelosamente di padre in figlio, i simboli del potere ingordo e parassita si sono imposti come oggetti sacri, potenti, necessari come quello che rappresentano. Cambia la collocazione, su di una testa o in una teca, ma continuano a garantire gli stessi interessi di sempre, di nuovo scambiati per interesse collettivo.
Siamo caduti nel tranello del Re Sole, credere che la Francia intera potesse coincidere con il sovrano per volontà di Dio, che la ricchezza del capo fosse pane per il popolo, la sua soddisfazione prosperità per tutti, i suoi gioielli simbolo di una regalità senza servitù.
Se ancora oggi custodiamo gelosamente questi feticci oltraggiosamente costosi ed inutili, dobbiamo ammettere che le rivoluzioni fino ad ora si sono limitate a tagliare la testa a re e regine per sfilargli meglio i gioielli dal collo. Evidentemente resta valido il vecchio “il Re è morto, lunga vita al Re”. Non importa se il sovrano sia uno o molti, se indossi i suoi tesori o li esponga in un Museo. Noi continuiamo ad ammirarli, a confondere l’opulenza apparente del potere con la sua legittimità, a desiderare di poterli indossare.
I ladri, per nostra opinione, hanno almeno avuto il buongusto di ricordare a tutti una semplice verità. I diamanti e gli zaffiri sono preziosi, certo, ma sono pur sempre pietre, non reliquie di un potere trascendente, divino e inviolabile. Sono oggetti dalla sacralità posticcia, come il potere che pretendono di legittimare. Possono avere un prezzo, non un valore. Staranno benissimo nella collezione privata di qualche signorotto credulone, abbastanza ricco da comprare il privilegio di credersi Napoleone senza venir considerato pazzo, e abbastanza patetico da aver bisogno di questi balocchi per continuare la farsa.
Noi invece accetteremo di buon grado di ingrossare le fila dei folli che augurano buona vita a chi ha compiuto questo furto. Ladri per avidità, certo, ma iconoclasti involontari che, invece di inchinarsi ad una corona, hanno dimostrato quanto questa possa essere danneggiata da una caduta rovinosa. Vulnerabile, impotente di fronte a chi ha osato sfidarla, fragile e distruttibile anche se foggiata nel metallo più prezioso.
Ora che il Re è nudo e il trucco è svelato non affrettiamoci a sostituirlo con il primo che porterà in testa un ornamento scintillante. Sarà nudo anch’esso sotto la corona, come tutti quelli prima di lui.